A due anni dall’inizio della pandemia da COVID-19 cresce l’attenzione dei ricercatori riguardo quei sintomi a carico del sistema neurologico che perdurano nel tempo anche dopo la guarigione e che ormai vengono inclusi nella sintomatologia del cosiddetto “long COVID”, comprendente circa 203 sintomi a carico di dieci organi diversi.
I ricercatori sono sempre più convinti che lo stato infiammatorio scatenato dal virus giochi un ruolo determinante: l’infezione da COVID-19 provocherebbe infatti una tempesta di proteine infiammatorie, le citochine, che può determinare una risposta immunitaria eccessiva, a sua volta dannosa per le cellule cerebrali.
Perdita di memoria, confusione, difficoltà di concentrazione, sono tra le conseguenze temporanee riscontrate più frequentemente nella popolazione dei guariti dal Coronavirus e definite con l’espressione nebbia mentale.
I sintomi possono durare anche per parecchi mesi dopo la guarigione, influendo sulle capacità cognitive ed emotive degli ex positivi e riguardano solitamente persone di età compresa tra i 18 e i 49 anni, che hanno avuto l’infezione anche in modo leggero.